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Mar 29 - Jun 10, 2001, Roma - Museo Nazionale Preistorico ed Etnografico “Luigi Pigorini“
THE TIGER AND THE LOTUS
CARPETS AND SACRED ART OF TIBET
In association with Ministero per i Beni e le Attività Culturali Sovrintendenza Speciale al Museo Nazionale Preistorico ed Etnografico “Luigi Pigorini” Museo Nazionale d’Arte Orientale Doris Leslie Blau – New York

108 rugs from 19th century from the most important Italian and international collections, along with rare textiles and works of sacred art. The largest Italian exhibition of the Tibetan weaving arts.


Il Manifesto, April 14, 2001 , Paola Watts
Ricordi annodati in tiepide trame di lana
A Roma, sino al 10 giugno, La Tigre e il Fiore di Loto. Un’esposizione di tappeti tibetani

Si è parlato di buddhismo tantrico, di sciamanismo e di meditazione durante l’inaugurazione delle mostra La Tigre e il Fiore di Loto, il 29 marzo scorso al Museo nazionale preistorico ed etnografico Luigi Pigorini di Roma. Seguendo un attento criterio divulgativo, vi sono esposti 180 tappeti tibetani del XVII-XIX secolo provenienti da collezioni italiane e straniere, cui fanno da corredo alcuni oggetti sacri di quelle popolazioni, appartenenti al museo. Fra questi una statua raffigurante Tara che tiene fra le mani due fiori di loto, emanazione femminile delle attività illuminate dei Buddha e dei Bodhisattva.
I tappeti esposti, che con alcuni dei loro simboli danno il titolo all’esposizione, sono strettamente connessi alla spiritualità delle popolazioni tibetane, pur costituendo elementi basilari della loro quotidianità. Suddivisi in varie sezioni i manufatti, via via giacigli, copriselle, talismani, copriporte e arredi sacri, sono oggetti di grande fascino al di là della loro simbologia, soprattutto per l’armonia tra colori e modeste dimensioni; è il caso di dire che sono a misura d’uomo.
Infatti i tibetani instauravano con il tappeto una sorta di simbiosi e attribuivano ai segni di questi tessuti valenze di tipo scaramantico, come nel caso del fior di loto e del pipistrello, o propiziatorio, come per i diamanti, tessuti a scacchiera bicromi o tricromi, che venivano posti davanti alle porte o alle finestre col duplice scopo di mantenere il tepore e allontanare gli spiriti maligni.
Molti tappeti tibetani, sovente tessuti da nomadi e annodati in modo diverso rispetto agli altri, venivano usati per la meditazione, sorta di via attraverso cui si arriverà alla verità metafisica, come recita lo splendido catalogo curato da Enzo e Roberto Danon, con testi di Giulia Vasta D’Ambrosio e Massimiliano A.Polichetti.
Con riconoscibili influenze indiane e cinesi, le immagini contenute in queste preziose trame di lana – Fior di Loto, Tigri, Draghi, Fenici, Melograni, Peonie, e ancora il Nodo Senza Fine e il Mandala – provengono da un passato lontanissimo e fanno parte della memoria collettiva del popolo che li ha creati. Una menzione a parte meritano i tappeti che rappresentano il vuoto, inteso come possibilità infinita di manifestazioni del buddhismo tantrico. Arcani e accattivanti, questi rettangoli appesi verticalmente, privi di segni e dal colore sfumato in infinite modulazioni di toni, fanno venire in mente i dipinti di Rothko.
Infine i tappeti con la Tigre, la variegata, come la definisce il poeta Milarepa, che erano destinati ai Lama. Collocati al centro del percorso espositivo, sono assai vivaci e la loro iconografia, stilizzata o esplicita, è a volte inusitata, come nella Tigre-pipistrello (1800 circa) o nella Tigre-ombra (1850 circa).



AD, April 1, 2001 , Enzo Fabiani
Preghiere lontane

E’un incontro suggestivo la mostra aperta fino al 10 giugno al Museo Nazionale Preistorico ed Etnografico Luigi Pigorini di Roma, come si evince già dal titolo, “La Tigre e il Fiore di Loto. I tappeti e l’arte sacra del Tibet”. Grazie anche alla collaborazione delle gallerie Textilia di Roma e Doris Leslie Blau di New York, è possibile ammirare circa 120 tappeti del XVII e XIX secolo, nonché diverse opere d’arte sacra tibetana delle collezioni storiche di proprietà statale. Oggetti che alla bellezza e al valore uniscono l’evidenza di simbologie di una cultura particolare.



Il Messaggero, April 28, 2001 , Valentina Bruschi

Il Museo Nazionale Preistorico ed Etnografico L.Pigorini ospita la più importante manifestazione mai realizzata in Italia sull’arte tessile tibetana, dal titolo “La Tigre e il Fiore di Loto”. In Tibet il tappeto è un oggetto sacro perché è metafora dell’universo, e il fiore di loto era il disegno usato per i tappeti di nozze come simbolo di purezza, mentre la tigre era raffigurata per ricoprire le selle del Lama, o nelle residenze dei dignitari come emblema di forza.



Fine Arts,
A Roma, La Tigre e il Fiore di Loto
Un viaggio entusiasmante attraverso secoli di storia e di arte del Tibet

La Tigre e il Fiore di Loto – i tappeti e l’arte sacra del Tibet è il titolo della mostra che si terrà dal 29 marzo al 10 giugno al Museo Nazionale Preistorico ed Etnografico “L.Pigorini” a Roma e che si preannuncia come la più grande esposizione mai realizzata in Italia sull’arte tessile tibetana.
Saranno esposti 108 tappeti del XVII-XIX secolo, provenienti dalle più importanti collezioni storiche statali, la selezione degli oggetti è legata alla sfera culturale e religiosa e sottolinea lo stretto legame tra esperienza spirituale e produzione artistica. Gli oggetti presentati sono preziose testimonianze dell’antico patrimonio artistico e culturale tibetano, oggi in grave pericolo. La mostra curata da Enzo e Roberto Danon si articola in nove sezioni connotate dal linguaggio dei simboli e dei colori, indicanti anche l’uso e la destinazione degli splendidi manufatti. Stupendo il catalogo curato da Textilia.



Antiquariato, April 1, 2001
Suggestioni d’Oriente, Roma scopre il Tibet attraverso l’arte sacra

Percorsi suggestivi che invitano a conoscere e ammirare la ricchezza della cultura tibetana. E’quanto si propone di offrire La Tigre e il Fiore di Loto. I tappeti e l’arte sacra del Tibet attraverso un allestimento ideato come un sentiero all’interno del manto variegato della tigre. In rassegna sono presenti oltre 120 tappeti, realizzati tra il XVII e il XIX secolo e opere d’arte sacra tibetana. Per l’oggettistica da cerimonia liturgica si segnalano, tra gli altri, un Kapala del ‘700 – recipiente sacro ricavato da un cranio umano – e una Cretula votiva raffigurante Amitayus – il Buddha della vita infinita. I tappeti sono invece suddivisi in sezioni connotate dal linguaggio dei simboli e dei colori. Si va così dai “Talismani”, tappeti a motivi geometrici usati come giacigli, ai “Cosmica”, destinati alla meditazione, ai tappeti di nozze decorati con il Fiore di Loto.



Il Giornale dell’Arte, April 1, 2001 , Francesca Romana Morelli
Forte come la tigre, puro come il loto
Tappeti e oggetti liturgici in una delle più grandi mostre finora realizzate in Italia sull’arte tibetana

ROMA. Il cosmo nella speculazione orientale è concepito come la fitta trama di un enorme tessuto, che collega il mondo trascendentale a quello terrestre, per cui ogni cosa ed essere umano sono legati tra loro da fili invisibili in mano agli dei. In questo modo si capisce l’alto valore magico e simbolico che un tappeto riveste per le culture asiatiche e in particolare per quella tibetana oggetto di una mostra, “ La Tigre e il Fiore di Loto”, organizzata fino al 10 giugno dal Museo Nazionale Preistorico ed Etnografico Luigi Pigorini. La mostra nasce dalla collaborazione del Museo Pigorini, del Museo Nazionale d’Arte Orientale, delle gallerie private Textilia di Roma e Doris Leslie Blau di New York.
L’intento è quello di ricostruire la complessa e millenaria cultura artistica e religiosa del Tibet fra il Sei e l’Ottocento, attraverso centoventi esemplari di tappeti appartenenti a collezionisti europei e statunitensi e un nucleo scelto di opere d’arte sacra dalle raccolte dei due musei romani. La maggior parte degli oggetti ha una funzione liturgica; tra le sculture raffiguranti divinità del Buddismo vajrayana indo-tibetano spiccano un recipiente, o meglio Kapala, ricavato da un cranio umano e usato nelle cerimonie tantriche (XVIII secolo) e una statua raffigurante Tana poggiante su un fiore di loto, emanazione femminile delle attività illuminate di Buddha e dei Bodhisattva. I tappeti sono stati suddivisi secondo le loro raffigurazioni simboliche, che spesso ne indicano anche la funzione: amuletica, cosmica, cerimoniale e meditativa. Tra i pezzi più preziosi, i tappeti a manto di tigre usati dagli alti dignitari nelle pratiche meditative per acquisire forza spirituale, dei quali oggi rimangono pochissimi esemplari, i tappeti a motivi geometrici raffiguranti talismani (con una sapiente alternanza di chiaro e scuro) la cui funzione magica favoriva la realizzazione dei desideri, i tappeti con il Fiore di Loto, emblema della purezza, destinati alle cerimonie nuziali.



L’Osservatore Romano, May 21, 2001 , Irene Iarocci
Quando è il simbolo a dettare linee e proporzioni

Allusivo il numero, selezione delle opere e luogo suggestivi: occasione da non mancare. Stiamo parlando di “La Tigre e il Fiore di Loto”, mostra d’arte tibetana, tessile e non, in corso fino al 10 giugno prossimo al Museo Nazionale Preistorico ed Etnografico “L.Pigorini” di Roma. Essa rappresenta per il fruitore un certamente raro quanto diretto approccio ad affascinanti espressioni d’arte di una delle quattro grandi civiltà d’Asia (indiana, cinese e giapponese le altre).
La mostra si rivela essere l’anello più recente della catena di contributi a quella conoscenza che, ci sembra giusto ricordare, Giuseppe Tucci riassumeva con fierezza d’accenti nella prefazione di “A Lhasa e oltre”: <<Alla conoscenza del Tibet gli italiani hanno contribuito in maniera notevole. Odorico da Pordenone e Marco Polo, sebbene non vi siano mai penetrati, sono stati i primi a darne notizia. Poi nel XVIII secolo i cappuccini e i gesuiti poterono dimorare nel paese proibito per vari decenni. Durevole ricordo essi hanno di sé lasciato nelle relazioni di viaggio e specialmente nel libro che il gesuita Ippolito Desideri scrisse sulle sue esperienze tibetane e sulla religione tibetana. Egli poi tradusse per la prima volta la summa teologica di un grande pensatore tibetano e quindi la confutò in una vasta opera polemica scritta in tibetano: incontro mirabile avvenuto sul Tetto del mondo della dogmatica buddistica e di S.Tommaso d’Aquino. Da missionari cattolici, forse per opera di Orazio della Penna, fu compilato il primo dizionario tibetano che si conosca…>>.
Numero allusivo, accennavamo. In effetti 108 – tante quante, per la Legge del Buddha, sono le passioni da vincere – i tappeti dai vari usi (monastico, quotidiano, da cerimonia), i coprisella e i sottosella intessuti nel Paese delle Nevi tra il XVII e le prime decadi del XX secolo da un popolo viaggiatore nato, in quanto nomade, frugale, di una <<cortesia che accende pronta il sorriso>>. Pur scaltro e mercante, ogni tibetano – avvertono gli studiosi – sente e vive l’arte non come portato della fantasia ma come sottile creazione dell’intelletto: l’artista realizza un’immagine dove l’arbitrio è precluso. E’il simbolo a dettare linee e proporzioni, <<quelle e non altre>>. Donde una ripetitività che non è monotonia.
Scorrono sotto lo sguardo lungo le pareti del Museo i rettangoli tessili: varie le dimensioni, ricchi i motivi tematici. Di essi due, a simboleggiare rispettivamente rettitudine morale (il Loto) e vittoria sulle passioni (la Tigre), titolano una mostra dove fiori, animali, uccelli, nuvole, divinità un rosario, strumenti musicali parlano del grande assente, l’uomo tibetano che a sorpresa compare in un filmato muto.
Immagini in bianco e nero interroganti, talora dolenti, ben inserite in uno spazio creativo dove ti ritrovi, poco più in là, a spiare tra le fessure un interno raffigurante in Tibet quel che in occidente è l’automobile: corsieri al vento.
I fiori in genere, non ultime peonie ed orchidee, rappresentano in allegoria il regno celeste ma il loto in fiore, incontaminato seppur nato dal fango, simboleggia per eccellenza il paradiso: nell’iconografia tibetana è bianco ma anche giallo oro, rosso, celeste, persino nero.
Lei, “la Variegata” – così definiva la tigre il poeta e mistico Milarepa maestro dei complessi nessi tra il dominio del corpo e il controllo della mente – cattura la prima attenzione. Templi, valori ed animali venivano posti sotto la protezione del “Re della montagna” simbolo di coraggio, audacia e dignità. Un “Re” un tempo temuto fino a tacerne il nome, sottolinea Eberhard. Raffigurando il manto tigrato la purezza dello spirito per l’uomo, i tappeti che in stile realistico o simbolico lo significano, servivano da sedile ascetico ed erano usati per la meditazione.
Colpiscono i mitici, benefici draghi stilizzati, dal corpo flessuoso e dagli artigli ben in mostra che si fronteggiano su un fondo smeraldo illuminato da gialle onde di luce, seguiti da fenici in volo: sinfonia cromatica con effetti arazzo (1930), in metafora simboleggia equilibrio e ritmo dell’universo, armonia di tutte le forze in contrapposizione.
Stupiscono l’osservatore occidentale i pipistrelli simbolo di fortuna, messaggeri di buoni auspici associati a nuvole ricciute, foriere di mutamenti ed anch’esse simbolo di fortuna, di felicità. Fosforescenze di lontane galassie accendono il blu notte ancestrale di uno splendido tappeto risalente al 1880, della serie “Il Vuoto e la Forma” (156 x 88 cm). Il Vuoto (“ston pa nid”) rappresenta le infinite possibilità del rappresentare, quel che <<è tanto libero dentro da poter contenere un monte>>(Lao-Tze).I tappeti a campo vuoto dalle semplici bordature, spesso finiscono appesi alle colonne dei templi. In opere come queste, senti pulsare quanto mai viva l’arte come liturgia: è sempre l’intuizione tucciana a fare da filo di Arianna.
Perché mai tanto rilievo a dei tappeti, ci si potrebbe chiedere. Sarebbe possibile ignorare quanto l’uomo orientale, con il tappeto, intrattenga profonda confidenza per come percepire gli stretti nessi tra spazio, corpo e movimento?
Letto in chiave di metafora dell’universo, il cosmo appare tenuto insieme da una trama ed un ordito sottile, eppur tenace. Discreta sì, ma l’arte della tessitura non è dea minore dell’olimpo delle arti in Oriente! Essa resta aspetto significativo della memoria collettiva del popolo che ne è artefice.
I tappeti realizzati ad arte dagli artisti tibetani con un nodo del tutto unico, colpiscono per l’alta simbologia unita al valore pratico.
Ognuna delle opere d’arte tibetana esposte si fa apprezzare grazie allo splendido libro-catalogo (Ed.Textilia, pp.367), dove i saggi di Massimiliano Polichetti, Maurizio Piconi, Giulia Vasta D’Ambrosio presentano al fruitore-lettore la chiave interpretativa di simboli, miti, leggende, colori che, col linguaggio dei segni raccontano, un mondo dalle tante valenze culturali. Quanta ricchezza di sensi racchiudel’aggraziata statuetta di Shyama Tara (Tibet-Nepal, XVIII secolo), divinità seduta su una base fiorita di loto, la mano sinistra sollevata all’altezza del petto con il palmo rivolto verso l’esterno e il pollice congiunto all’anulare nel “mudra”, nel gesto iconografico del “triplice gioiello”!
Tara significa stella, salvatrice: due significati non contrastanti. Il primo, nell’accezione di stella polare, rivela un ruolo guida per marinai e viaggiatori. Il secondo, spiega lo studioso Ghosh, dalla forma causativa della radice sanscrita “tri” significa aiutare, salvare. Presenta carattere protettivo questa “Dea-Madre” del buddhismo indo-tibetano, personificazione della karuna, la Misericordia del bodhisattva Avalokiteshvara, sorta di santo protettore dei viaggiatori.
Questo bodhisattva – narra la tradizione sull’origine di Tara – in un moto di commozione per la sofferenza degli esseri, lasciò cadere una lacrima. Dalla lacrima, un lago. Dal lago, un loto. Schiusosi, ecco emergere Tara, simbolo di conoscenza e saggezza, le qualità psichiche che salvando gli uomini dai pericoli dell’ignoranza li guidano sul sentiero dell’illuminazione.
Accostarsi all’arte tibetana ed ai suoi linguaggi simbolici non può disgiungersi dal ricordare il merito culturale degli studiosi di un tempo nei complessi monastici “bonpa”, caratteristici della civiltà tibetana ma ricalcati su modello indiano, archivisti in tibetano della dottrina buddhista diffusa in Tibet nel VII sec. d.C. da Padma Sambhava (“Il Nato dal Loto”).
Ti accosti alla mostra da “cilimpa”, da “straniero”. Ne esci stimolato da sottili emozioni estetiche. Sei messo di fronte ad un prezioso patrimonio artistico che apre alla conoscenza ed alla consapevolezza di un linguaggio peculiare, proteso sul senso del mistero che mai smette di interrogare la “canna pensante” chiamata uomo.



Corriere della Sera, March 29, 2001 , Lauretta Colonnelli
La Tigre e il Fiore di Loto
Oltre cento tappeti e oggetti d’arte sacra raccontano l’antico Tibet. GRANDI MOSTRE/Preziose testimonianze di un patrimonio a rischio di estinzione

Oltre cento tappeti dell’epoca che va dal XVII al XIX secolo e numerosi oggetti di arte sacra tibetana sono esposti al Museo “Pigorini” nella mostra intitolata “La Tigre e il Fiore di Loto”. Sia i tappeti che gli altri manufatti provengono dalle collezioni storiche dello stesso “Pigorini” e da quelle del Museo Nazionale d’ Arte Orientale, dove la raccolta di opere d’arte tibetana fu iniziata dal celebre studioso Giuseppe Tucci che visitò il Tibet sin dagli anni Trenta. Rimaste chiuse nei depositi per decenni, queste opere negli ultimi sette anni sono state tutte catalogate e restaurate. “Oggi – dice la soprintendente del “Pigorini” Maria Antonietta Fugazzola Delpino – con l’esposizione delle nostre collezioni certamente non cerchiamo più le vestigia di uomini lontani nel tempo ma proviamo a tradurre e comunicare il linguaggio e i valori di uomini e donne le cui culture spesso sono violentemente minacciate dall’omologazione universale”.
I pezzi esposti sono infatti preziose testimonianze dell’antico patrimonio artistico e culturale tibetano, oggi in grave pericolo di estinzione nei suoi territori di origine. Come il Kapala del XVIII secolo, un recipiente sacro ricavato da una calotta cranica e impreziosito da turchesi e pietre dure, che veniva utilizzato per le liturgie tantriche. O la Cretula votiva (impronta per sigilli), raffigurante Amitayus, il Buddha della vita infinita. O la statua di Tara, divinità femminile rappresentata su un fiore di loto.
Imponente e suggestiva soprattutto l’esibizione di antichi tappeti, che dai tibetani sono visti come metafora dell’universo, tenuto insieme da una trama e da un ordito sottili. Suddiviso in nove sezioni, il reparto dei tappeti ne indica, oltre alla simbologia, il particolare uso quotidiano o rituale. I Talismani, con motivi geometrici cui erano attribuiti poteri amuletici, erano impiegati come giacigli. I Cosmica, decorati con elementi religiosi, erano invece usati per la meditazione. Il Drago e la Fenice, allegorie del principio maschile e femminile, comparivano nei templi buddhisti. Il Fiore di Loto, simbolo di purezza, bellezza e amore, era scelto per il tappeto di nozze. La Tigre era rappresentata nei tessuti che coprivano i troni e le selle dei Lama ed apparivano nei tappeti a protezione dei templi e delle residenze dei dignitari. E proprio alla Tigre si ispira l’allestimento della mostra, ideato come un percorso all’interno del manto variegato della belva, con al centro un salone dove sono ricreati gli spazi meditativi del “mandala”.



Rai 3 Servizio televisivo,

il Giornale, April 26, 2001 , Marco Cittadini
Giaciglio e totem spirituale. Il tappeto tibetano racconta le sue mille anime
Al museo etnografico Pigorini in mostra 108 manufatti che vanno dal XVII al XIX secolo. Un enorme patrimonio culturale

Metafora dell’universo, del cosmo, tenuto insieme da trama e ordito sottili. Impiegato come giaciglio e usato per la meditazione, il tappeto tibetano, testimonianza di un antico patrimonio artistico e culturale, conquista ammirazione e provoca emozione in chi ne scopre la straordinaria bellezza. Chiusi nei depositi da anni, 108 di questi incantevoli manufatti (XVII-XIX secolo) rivelano linguaggi e affascinanti colori nell’esposizione “La Tigre e il Fiore di Loto – I Tappeti e l’Arte Sacra del Tibet”, allestita nelle sale del Museo Nazionale Preistorico ed Etnografico “Pigorini”, all’Eur.
Simboli, miti e leggende che gli artisti tibetani raccontano e vivono anche come esperienza spirituale. I tappeti compaiono nei templi buddisti, raffigurando il Drago e la Fenice, allegorie del principio maschile e femminile. Il regno celeste è rappresentato dal Fior di Loto, simbolo di purezza, bellezza e amore, quindi scelto per i tappeti di nozze.
Bellissime tigri sono invece raffigurate come protezione dei templi e delle residenze dei dignitari. Il percorso, ideato come occasione per ricreare gli spazi meditativi del mandala, propone anche opere d’arte sacra tibetana provenienti dalle collezioni storiche di proprietà statale, conservate dalla Soprintendenza Speciale al Museo Preistorico ed Etnografico “Pigorini”, e dal Museo Nazionale d’Arte Orientale. Di particolare impatto visivo la statua di Tara, divinità femminile seduta su un fiore di loto, la cretula votiva (impronta per sigilli), raffigurante il Buddha dalla vita infinita (Amitayus), e un Kapula del XVIII secolo, recipiente sacro ricavato da una calotta cranica e impreziosito da turchesi e pietre dure, che veniva utilizzato per le liturgie tantriche.



Il Tempo, March 29, 2001
L’arte tibetana in mostra all’Eur

La Tigre e il Fiore di Loto è il titolo della mostra che sarà presentata da oggi, 29 marzo, al 10 giugno dal Museo Nazionale Preistorico ed Etnografico Luigi Pigorini, dal Museo Nazionale d’Arte Orientale e dalla galleria Textilia di Roma e Doris Leslie Blau di New York.
Un’occasione unica e rara per tutti gli amanti dell’arte e i collezionisti, che avranno l’opportunità di scoprire e ammirare l’arte tessile tibetana. Saranno esposti 108 tappeti, provenienti dalle più importanti collezioni internazionali e italiane, e opere d’arte sacra tibetana delle collezioni storiche di proprietà statale, conservate dalla Soprintendenza Speciale al Pigorini e dal Museo d’Arte Orientale. La selezione degli oggetti è legata alla sfera culturale e religiosa e ha un duplice scopo: sottolineare lo stretto legame tra esperienza spirituale e produzione artistica, ma anche ricordare come l’arte sacra tibetana sia ritenuta in grado di provocare sottili e significativi mutamenti nell’animo di chi vi si accosta con rispetto e consapevolezza.
La mostra che è curata da Enzo e Roberto Danon si articola in nove sezioni (talismani, cosmica, il drago e la fenice, fiore di loto, le tigri…) connotate dal linguaggio dei simboli e dei colori, indicanti anche l’uso e la destinazione degli splendidi manufatti.
“La Tigre e il Fiore di Loto – i Tappeti e l’Arte Sacra del Tibet” si preannuncia come la più grande esposizione realizzata in Europa sull’arte tessile tibetana. Sorprendente l’allestimento, ideato come percorso all’interno del manto variegato della tigre ed estremamente suggestivo lo spazio centrale che riproduce gli spazi meditativi del mandala.
Il Dalai Lama ha inviato un messaggio che sarà letto durante l’inaugurazione dalla rappresentante per l’Europa del governo Tibetano in esilio, Chungdak Koren. In occasione dell’inaugurazione si terrà un concerto dedicato al Tibet da parte di Antonella Ruggiero (una delle voci più originali del panorama pop e non solo italiano) che, vicina alle esperienze spirituali orientali, ha trovato in questa manifestazione il luogo più adatto per esprimere la sua più genuina forma di omaggio alla cultura tibetana. Inoltre, sempre nella stessa serata sarà ospite musicale Yungchem Lamo, già prodotta da P.Gabriel e sicuramente una delle più importanti interpreti di musica tibetana.



Il Sole 24 Ore, April 29, 2001 , Laura Torretta
Se gli artisti tibetani si buttano sul tappeto

Non più tardi di un mese fa, sul mercato dell’arte è rimbalzata la notizia di strepitose quotazioni d’asta ottenute a New York nel corso dell’Asian Art Week. Sono state spuntate cifre, per esempio da una figurina sancai della dinastia Tang aggiudicata per mezzo miliardo di lire, che confermano, una volta ancora, come internazionalmente esista un forte interesse per il settore, soprattutto per le opere più preziose. In Italia, raramente vengono organizzati incanti dedicati a sculture e a oggetti d’arte orientale, anche se è vero che, sia nelle manifestazioni pubbliche, quali l’International Conference on Carpets che si è svolta nel ’99 a Milano, sia in occasioni delle numerose esposizioni allestite dagli antiquari specializzati in orientalia, il pubblico ha dimostrato attenzione verso questo mondo affascinante e misterioso. E in questi giorni sta premiando gli ideatori della mostra La Tigre e il Fiore di Loto – i Tappeti e l’Arte Sacra del Tibet che, sino al 10 giugno, trova spazio a Roma nelle sale del Museo Luigi Pigorini. A condurre i visitatori in un viaggio attraverso la storia dell’arte tibetana, provvedono 108 tappeti del XVII,XVIII e XIX secolo, selezionati dalle gallerie Textilia di Roma e Doris Leslie Blau di New York e opere d’arte sacra di collezioni storiche conservate dalla Soprintendenza Speciale al Museo Pigorini e al Museo Nazionale d’Arte Orientale. Questo procedere su un doppio binario ha il preciso scopo di sottolineare lo stretto legame esistente tra spiritualità e produzione artistica e documentare come l’arte sacra tibetana possa determinare autentici sconvolgimenti interiori a chi vi si accosti con deferenza e consapevolezza. E, nel contempo, contribuisce a contestualizzare nel migliore dei modi l’esibizione dei tappeti con riferimento alla cultura tibetana, sulla quale grava attualmente pericolo di estinzione nei luoghi d’origine, di cui questi manufatti tessili sono una delle espressioni meno studiate. Curata da Enzo e Roberto Danon, la rassegna si sviluppa in nove sezioni, contrassegnate dal linguaggio dei simboli e dei colori, in modo da offrire un quadro completo dei valori emblematici e culturali degli artisti tibetani per i quali il tappeto altro non è che la metafora dell’universo, tenuto insieme da una trama e da un ordito. Accanto a esemplari a motivi geometrici, che, utilizzati come giacigli, si ritenevano dotati di poteri amuletici Talismani, sono in vetrina sia quelli con simboli religiosi, impiegati per la meditazione Cosmica, sia i manufatti, destinati ai templi buddisti, raffiguranti il Drago e la Fenice, allegoriche rappresentazioni dell’elemento maschile e femminile. Se per i tappeti di nozze era data la preferenza al decoro del Fiore di Loto, equivalente a purezza, bellezza e amore, quello della Tigre era scelto per ricoprire i troni e le selle dei Lama e per i tappeti riservati alle residenze dei dignitari. Proprio il motivo del manto screziato della tigre, …un rapido tremito di segmenti ondulati, costituisce il filo conduttore dell’originale allestimento che, lungo un itinerario dalle mille sfaccettature, porta al suggestivo salone centrale nel quale sono ricreati gli spazi meditativi del mandala.



la Repubblica, March 29, 2001 , Linda De Sanctis
Tappeti e arte sacra. Il Tibet che scompare

E’un viaggio entusiasmante attraverso secoli di arte e di storia del Tibet la mostra che si inaugura stasera al Museo Nazionale Luigi Pigorini. Curata da Enzo e Roberto Danon della galleria Textilia di Roma assieme a Doris Leslie Blau di New York, l’esposizione presenta 108 tappeti antichi, provenienti dalle più importanti collezioni internazionali e italiane e rare opere d’arte sacra tibetana provenienti dai musei Pigorini e d’Arte Orientale di Roma. Puri oggetti d’arte, i tappeti sono divisi a sezioni: quelli con i motivi geometrici cui erano attribuiti poteri amuletici e che erano usati come giacigli (Talismani), quelli che comparivano nei templi buddisti con raffigurati animali simbolici del principio maschile e femminile, quelli usati per le nozze con il motivo del fiore di loto come simbolo della purezza, bellezza e amore. Tra gli oggetti che più sottolineano lo stretto legame tra esperienza spirituale e produzione artistica anche preziose statue di Buddha e dei Bodhisattva, recipienti sacri, e le trombe per la preghiera, tutti preziose testimonianze di una cultura oggi in grave pericolo d’estinzione.



RaiSat Arte, , Theo Eshetu
Documentario: La Tigre e il fiore di Loto

Rai 1 Servizio televisivo ,

Hali,
Tibetan Focus

Collector quality antique Tibetan rugs, textiles and works of art can be seen in Rome until June. ‘The Tiger and the Lotus – Carpets and Sacred Art of Tibet’ is on at the Luigi Pigorini National Museum of Prehistory and Ethnography, co-organisers of the exhibition with the National Museum of Oriental Art, Galleria Textilia, and Doris Leslie Blau of New York. The ritual objects, mainly from the Roman museum’s collections, serve to contextualise the 120 rugs on display.