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Dec 4, 1996 - Mar 28, 1997, Textilia Gallery
UN’ARTE AMERICANA
HOOKED RUGS
In association with Y.B.Bolour, New York - Los Angeles

The exhibition, with the patronage of the USA Embassy, features 74 hooked rugs. The art of hooked rugs began in the late 1700 in New England. It was from the sailors that women learn to handle the hooked needle, a technique used by the fishermen to finish their nets. Over the years, women perfected the technique to create rugs with flowers, objects of daily life, biblical sayings, well-wishes and domestic animals. At the beginning of the 20th century geometric designs began to appear and then led to abstract figures.


Gioia, March 15, 1997 , Mariangela Mianiti
Molto più che artigianato

Roma. Nelle lunghe ore di attesa, osservando il mare in tempesta, per ingannare la paura, le donne e le figlie dei marinai, nell’America fine ‘800, si dedicavano a un passatempo che, giustamente, è considerato una vera e propria forma d’arte: la realizzazione dei tappeti hooked, cioè annodati a mano con un uncino su juta e altri materiali disponibili, come i frammenti di tessuto dei patchwork. Questo particolare ricamo artigianale, proprio del New England, del New Hampshire, del Maine e delle coste atlantiche del Canada, nacque per caso, utilizzando gli stessi attrezzi che gli uomini usavano in barca per rinforzare le reti. La galleria Textilia, specializzata in arte tessile, ne propone ora un’ampia scelta con esemplari dalla fine dell’Ottocento ai primi del Novecento.
“Un’arte americana: i tappeti hooked” è aperta fino al 28 marzo, tutti i giorni, tranne la domenica, dalle 10 alle 13; dalle 15,30 alle 19,30.



il Giornale, December 4, 1996 , Monica Sperabene
La storia americana sotto i piedi Realizzati con la tecnica dell’intreccio ad uncino dalle mogli e dalle foglie dei pionieri della frontiera
La galleria Textilia di via Margutta ha allestito una mostra dei tradizionali tappeti hooked Una miriade di pezzi di stoffa colorata con paesaggi e disegni di animali

Raccontano una storia ricca di fascino, dal sapore antico di avventure, viaggi e scoperte lungo mari e terre lontane. Sono semplici triangolini di stoffa, scampoli di pochi millimetri, strisce di maglia colorata e fili di lana, intrecciati da un vecchio uncino da marinaio. Così una miriade di pezzettini di tessuto formano figure di gatti, cani, cavalli e paesaggi di campagna, ma anche motivi floreali o geometrici, allegre fantasie e giochi di colore.
Sono i tappeti hooked, cioè lavorati con l’uncino dalle donne degli pionieri d’America, destinati ad allietare l’atmosfera casalinga, posti davanti al focolare o sopra un pianoforte. Nei film o nei romanzi sui pionieri possiamo vedere le donne, ma anche le bambine, mentre trascorrono il tempo dell’attesa e degli spostamenti dedicandosi a questo hobby. Era un vero e proprio gioco, ad esempio, la tecnica detta “Hit or miss”, una sorta di “Prendere o lasciare”, per cui i fili, posti tutti insieme in un cestino, venivano pescati a caso, mettendo a dura prova l’abilità creativa dell’artefice. Dunque creazioni senza alcuna pretesa di tipo commerciale.
Eppure fin dagli anni Trenta, soprattutto in America, cominciò a diffondersi l’entusiasmo per l’arte folk, celebrata prima di tutti dal “Abby Lincoln Rockfeller Folk Art Center” in Virginia. Ora costano all’incirca dai due ai cinque milioni e sono diventati pezzi da collezionismo perché, come la maggior parte delle tradizioni artigianali, l’arte dei tappeti hooked è quasi del tutto perduta. Da oggi si possono ammirare presso la galleria Textilia in via Margutta 8, circa ottanta tappeti (soltanto una parte di essi è in vendita), realizzati nell’arco di un secolo dalla metà dell’Ottocento alla metà del Novecento, provenienti dall’America, da collezioni private, e da una galleria di New York, grazie anche all’impegno dell’Ambasciata degli Stati Uniti a Roma. I tappeti hooked portano con sé tradizioni e costumi, spesso conservano la firma dell’artefice e il titolo originariamente dato al prodotto artigianale. Sono perciò manufatti ricchi di storia, testimonianza degli incontri fra popoli diversi, del mutare delle condizioni economiche e sociali attraverso il tempo. Ne sono traccia il variare delle tecniche, dei materiali usati, dei soggetti raffigurati. Se inizialmente erano i marinai a utilizzare l’uncino per rifinire le cime oppure le stuoie di tela grezza per le loro navi, le donne, una volta appresa la tecnica, iniziarono a usare uncini più raffinati e residui di stoffa trovati in casa. Ma dopo la metà dell’Ottocento, quando si diffuse l’uso di sacchi di juta, i tappeti hooked divennero una vera usanza popolare. Allora le sorti dei tappeti hooked divennero più fortunate: i materiali via via più ricchi, la lavorazione più raffinata, e i disegni, più elaborati, seguono le mode dell’Art Nouveau e della pittura astratta, in un vivace tripudio di colori.



La Stampa, January 13, 1997 , Marisa Vescovo
Scegliendo tra le mostre

ROMA. Galleria Textilia. “Un’arte americana. I tappeti hooked” (fino al 28 marzo). Scene domestiche e scritte di benvenuto; nelle forme cromatiche prevale l’amore per i fiori filtrato attraverso lo stile vittoriano e il Liberty.



Il Tempo, December 10, 1996 , Gabriele Simongini
Folk art americana in tappeti ad uncino

Ogni appuntamento espositivo proposto dalla Galleria Textilia, unica in Italia nel presentare rarità tessili, riserva varie e piacevoli sorprese che vanno ben al di là dei soliti e banali percorsi nell’ambito delle cosiddette arti “maggiori”. Dopo le mostre dedicate ai tappeti tibetani e agli antichi tessuti africani, è ora la volta della rassegna Un’arte americana, incentrata sui tappeti hooked, ovvero lavorati ad uncino. Si tratta di una tipica espressione della folk art americana che prese avvio fin dalla fine del ‘700 nel New England: figlie e mogli di marinai appresero dai propri uomini l’uso dell’uncino, così utilizzato non più per rifinire le reti da pesca ma per tessere variopinti tappeti. In mostra compaiono esemplari compresi tra la seconda metà dell’Ottocento e gli anni Cinquanta del nostro secolo. Si va da ingenue scene di vita domestica con scritte beneauguranti (“Good luck”) e felini, ad un’intera sezione incentrata su elementi floreali derivati anche dall’Art Déco, fino ai motivi astratti che rivelano il contatto con gli esiti sperimentali delle avanguardie artistiche dei primi del ‘900.



Elle decor, December 1, 1996
All’americana

Apre il 4/12 alla Galleria Textilia di Roma “Un’arte americana”, tappeti dall’epoca gloriosa dei pionieri sino al Déco (telefono 06/3217155). 74 gli esemplari esposti ed eseguiti con la tecnica in uso dalla fine del ‘700 nel New England e Canada: venivano annodati a mano con un uncino, da cui il termine “hooked”. Li ornano semplici motivi decorativi con alberi, stelle, cuori e motivi beneauguranti. Sino al 28/3/97.



Il Messaggero, December 9, 1996 , Vito Apuleo
Patchwork dei pionieri americani

Galleria Textilia, via Margutta 8, fino al 28 marzo (orario 10/13 – 15,30/19,30, festivi chiuso). Cani, cavalli, galline, gatti, tramature complesse che rimandano alle avanguardie del primo Novecento: sono i tappeti hooked cioè annodati a mano all’uncinetto provenienti dagli Stati Uniti che documentano il primato della manualità e sperimentano l’evoluzione di un gusto che va dal folk all’Art Déco.



Corriere della Sera, December 1, 1996
Patcwork dei pionieri americani

<<Welcome home, Flora, Caleidoscopio e Mirabilia>>: sono le quattro sezioni di una mostra che ci proietta negli usi e costumi “Made in USA”. Per la prima volta giungono in Italia 74 tappeti “hooked”. Realizzate ad uncinetto queste piccole testimonianze di artigianato rappresentano una pagina importante di arte popolare finora sottovalutata. I soggetti raffigurati a volte sono commoventi scene domestiche o scritte di benvenuto. Ma altri esempi di questi ricami traggono ispirazione da stili affermati come quello Vittoriano, l’Art Déco o dalle avanguardie artistiche dei primi anni del Novecento. Dal 4 dicembre al 28 marzo alla Galleria Textilia, Via Margutta 8.



Where Rome, December 1, 1996 , Enrica Basilico
An american art form

Glancing at American Society in its ensemble, and not just at the upper strata, it is possible to understand the raison d’etre of the artistic expression it produces, and not just that of the most famous, whose meaning is hard to understand especially when isolated by these considerations.
An exhibit dedicated to hooked rugs is an amusing way to trace realistically the fantastic history of the American pioneers and to follow their development throughout the course of two centuries. The art of hooked rugs began in the late 1700s in New England (Massachusetts, Connecticut, Rhode Island, New Hampshire), a region then with 500,000 inhabitants. The majority of these were from England, a kingdom with a strong maritim tradition. And it was precisely from the sailors that the women learned to handle the hooked needle, a technique used by the fishermen to finish their nets. Over the years, women perfected the technique to create fabrics (mainly from scraps of old dresses and yuta) and samplers with flowers, objects of daily life, biblical sayings, well-wishes and domestic animals. With the evolution of artistic production in general, at the beginning of the 20th century geometric designs began to appear and then led to abstract figures, although the popularity of these rugs decreased in the end of the 1800s with the growing demand of products made by industrial machinery. Fortunately, however, some far-seeing collectors began to seek out these rugs and dedicated themselves to their preservation and to their promotion as a fragment of American history.
The exhibit is presented with the patronage of the US Ambassador at the Galleria Textilia (Via Margutta, 8. Hours: Mon.-Sat. 10 a.m.-1 p.m. and 3:30-7:30 p.m. Entrance free) in cooperation with the gallery Y.B.Bolour of New York. Seventy-four rugs are divided in four sections: Welcome Home, collects rugs which contain poetry, messages and biblical sayings; Flora is formed of Victorian-style designs of rose bouquets, Art Nouveau and Art Déco flowers; Caleidoscopio is an explosion of colour tied to avantgarde art; and Mirabilia includes popular and abstract hooked rugs.



Il Giornale dell’Arte, December 1, 1996 , Francesca Romana Morelli
I tappeti delle donne dei marinai

Roma. Il 4 dicembre la galleria Textilia propone per la prima volta in Italia 74 esemplari di tappeti <<hooked>>, lavorati ad uncino. Il tappeto hooked fa il suo ingresso ufficiale in uno dei recinti sacri dell’arte nel 1924 quando al Whitney Studio di New York (che più tardi diverrà il Whitney Museum of American Art) viene allestita una mostra di folk art, nella quale molti pezzi provengono da collezioni di artisti come Charles Demuth, Yasuo Kuniyoshi e Charles Sheeler. Questa forma di arte popolare risale alla fine del Settecento, quando sulla costa atlantica e nelle province marittime del Canada i marinai che utilizzavano l’uncino per rifinire le reti insegnarono l’uso di questo utensile alle loro donne, le quali per realizzare i loro lavori impiegavano ritagli di abiti dismessi o i residui della lavorazione dei quilt o dei patchwork. Verso la fine dell’Ottocento, con l’utilizzo della iuta per i sacchi alimentari, la tecnica dei tappeti hooked progredì al punto di diventare popolare in tutti gli Stati Uniti, obbligando dei tessitori itineranti a spostarsi con i loro telai portatili. Oggi molti critici d’arte ritengono questi tessuti la forma più peculiare dell’arte popolare e molti musei hanno creato collezioni permanenti di tali manufatti. La mostra romana è composta da quattro sezioni. La prima, <<Welcome home>> include colorati e gioiosi tappeti che raffigurano scene domestiche e scritte di benvenuto. Nella seconda, <<Flora>>, prevalgono i motivi floreali che risentono, in modo significativo, dello stile vittoriano, del Liberty e del Déco. La terza, <<Caleidoscopio>>, si lancia nell’assemblaggio di forme e motivi “rubati” alle avanguardie storiche. Infine la quarta, <<Mirabilia>>, espone tappeti con motivi popolari e astratti. La mostra è realizzata con la galleria Y.B.Bolour di New York e il patrocinio dell’Usis Ambasciata Americana.



la Repubblica, January 14, 1997 , Linda De Sanctis
America e vecchi tappeti

Una tecnica, quella della lavorazione a uncino, ripresa dai marinai che la usavano sulle loro navi, per le rifiniture dei vari cordami, e un lavoro fatto proprio dalle donne americane del New England, del Maine, del New Hampshire e delle Province Marittime del Canada, che nel ‘700 e nel secolo successivo lo trasformarono in vera e propria arte del tappeto.
Riscoperti dagli appassionati di arte folk e primitiva, alcuni di questi tappeti hooked, sono diventati un vero oggetto di culto: esposti alla galleria Textilia, raccontano con sorprendente acutezza un singolare percorso americano tra epoche e stili.
Se i più noti e i più popolari sono quelli posti come zerbino davanti alla porta o davanti al caminetto, con le semplici scritte di benvenuto, le raffigurazioni degli animali di casa, dai cani, ai gatti, ai cavalli, i più artistici e più legati alle espressioni d’avanguardia sono quelli racchiusi nelle sezioni Caleidoscopio e Mirabilia.
Veri e propri quadri astratti, nati dalla semplice creatività delle ricamatrici che nel tempo raffinarono la tecnica dell’uncinetto con lavorazioni sempre più complicate nonostante la povertà dei materiali, questi tappeti sembrano di volta in volta, dei piccoli Mondrian, dei primitivi Burri, dei giovani Van Gogh. Con in più il sapore casalingo di una tenacia femminile che voleva trasformare in arte la semplice e povera arte dell’intreccio.
(Galleria Textilia. Via Margutta 8. Tutti i giorni escluso i festivi 10-13,30 e 16-19,30. Fino al 28 marzo).



Il Sole 24 Ore, January 5, 1997 , Laura Torretta
I tappeti più ambiti sono a stelle e strisce

Se oggi fosse ancora tra noi Giorgio Washington, il primo presidente degli Stati Uniti, per certo avrebbe motivo di rallegrarsi. Come aveva auspicato decidendo che la bandiera nazionale fosse a stelle e a strisce, tante quanti erano gli Stati originari e tutti gli altri che avrebbero successivamente aderito all’Unione, a simboleggiare così l’annullamento degli sterminati spazi che intercorrono tra l’Alaska a Nord e il Texas a Sud, tra le Hawaii ad Ovest e il Maine a Est, nel Paese ha preso forma una vera e propria coscienza nazionale. Un processo alquanto faticoso poiché la storia della colonizzazione di parecchi stati è stata influenzata, oltre che da ceppi britannici, da potenze o da gruppi etnici molto differenti tra loro. Se in alcuni territori, come il Nuovo Messico e l’Arizona, l’arte popolare dimostra chiari segni di matrice spagnola e indiana, in altri furono le comunità tedesche a introdurre le loro tradizioni, per esempio realizzando certificati di nascita minuziosamente miniati e dipingendo i mobili alla maniera gotica. Fu William Rush, uno scultore di opere in legno ad avere l’idea di fondare a Filadelfia, negli ultimi decenni del Settecento, la Pennsylvania Academy of Fine Arts, la prima istituzione che si occupò di attività artistiche folk, riunendo sotto il suo nome un grande numero di soci. Erano artigiani abilissimi nell’intagliare statue lignee e ornamenti per le navi e le giostre o nel modellare banderuole, girandole e insegne pubblicitarie per le botteghe, anche se quelli che si dedicavano alla pittura utilizzavano un tipico stile naif per quanto riguarda la prospettiva nei dipinti. In ogni caso, tanto gli oggetti modesti, come i quadretti realizzati a piccolo punto da ignote ricamatrici, quanto i mobili di alta qualità come le scrivanie e i cassettoni Chippendale in mogano massiccio nati dall’estro dei falegnami quacqueri, godono attualmente, negli USA, di grande popolarità collezionistica.
La prova inequivocabile che gli americani siano intenzionati a ritrovare le loro radici, è data dal crescente successo riscosso dalle periodiche aste di “americana”, organizzate a New York. Un successo che si misura sia dalle quotazioni, sovente di gran lunga superiori alle stime fissate nei cataloghi, sia dal fatto che nulla, proprio nulla resta invenduto. E’accaduto esattamente un anno fa, quando durante la serie di incanti battuti in gennaio da Sotheby’s, uno dopo l’altro tutti i lotti hanno trovato un compratore. E, con malcelata soddisfazione, la società evidenzia che alla tornata relativa alla dispersione della raccolta di Adolph Henry Meyer, un facoltoso imprenditore del Michigan, nonostante neve e ghiaccio avessero paralizzato il traffico newyorchese, abbiano partecipato attivamente ben 700 persone, con un risultato finale di 11,8 milioni di dollari. Non è stato un caso isolato: esiti meno ridondanti, ma pur sempre molto positivi, sono stati raggiunti nel corso del ’95 anche in altre due vendite che hanno registrato percentuali di aggiudicazioni sempre superiori al 90% e cifre sostenute sia per i dipinti, in gran parte di soggetto marinaro, che per modellini, figurine di metallo dorato, orologi da tavolo. Sempre molto attenta a sfruttare il momento favorevole, Sotheby’s non ha perso tempo e ha già predisposto un’altra maxivendita di “americana”, che, in programma a Park Avenue dal 16 al 19 gennaio, comprenderà argenti, stampe, ceramiche, arredi, oggetti d’arte e un nucleo di 50 lavori di cucito e di tessitura, in modo da attirare, come al solito, più fasce di estimatori.
Peraltro, come evidenziano i rapporti “dopo-asta”, il mercato non è alimentato esclusivamente da operatori e privati statunitensi. Nell’appuntamento organizzato in giugno, un collezionista europeo ha pagato più di 40 milioni di lire per una brocca in metallo dorato e altri “anonimi” amatori provenienti dal vecchio Continente si sono contesi mobili e sculture. Del resto, gli argenti realizzati all’inizio del secolo nelle manifatture americane cominciano a piacere anche in Italia, come fa rilevare Finarte nel commentare i risultati delle periodiche vendite di settore.
Forse, è un “universo” che, a livello nazionale, meriterebbe di essere approfondito: per questo cade ad hoc la mostra che fino al 28 marzo trova spazio a Roma presso la Galleria Textilia, in Via Margutta 8. Patrocinata dall’Ambasciata degli Stati Uniti e intitolata Un’arte americana presenta una –collezione di 74 tappeti hooked, vale a dire annodati a mano con un uncino, dall’epoca dei Pionieri fino al Déco. Per la prima volta il pubblico italiano ha l’opportunità di conoscere e ammirare questi manufatti decorati con semplici motivi a forma di alberi, stelle, cuori, animali, fiori, poesie e messaggi augurali. L’utilizzo di questa tecnica, mutuata da quella usata dai marinai delle navi mercantili per rifinire i cordami, risale alla fine del Settecento.
Inizialmente impiegata nel New England, dilagò in breve tempo in tutti gli States trasformandosi in una popolarissima attività artigianale americana che, esercitata anche da tessitori ambulanti, ora documenta un singolare percorso artistico dal periodo folk agli anni 30.



Antiquariato, April 1, 1997 , Fabiana Fruscella
Geometrie ricamate con l’uncino
Gli “hooked rugs” raccontano la storia del giovane popolo americano con immagini e colori. E ne esprimono la vivace creatività

Basta uno sguardo per capire che sono americani. Ed è anche sufficiente per rendersi conto che il pregio di questi tappeti risiede in una sorta di “corredo genetico” formatosi attraverso gli anni: una fusione tra lo spirito pionieristico e il retaggio culturale europeo, con una componente folk e naive che li rende unici. Sono gli hooked rugs, espressione genuina della creatività della popolazione del Nuovo mondo dalla fine del Settecento al nostro secolo. Oltre ad essere decorativi e morbidissimi, testimoniano il modo di vista e la cultura americane. Basti pensare ai temi ornamentali che spesso traggono ispirazione dal filone country: campagne innevate, carri dei pionieri, fattorie, cavalli. O al filone geometrico, che nelle sue espressioni migliori sembra attingere all’astrattismo. Oltre che per l’originalità dei soggetti, gli hooked rugs sono interessanti anche per la lavorazione eseguita ad uncino. I primi esemplari risalgono alla fine del XVIII secolo e provengono dal New England ma, nell’Ottocento, la tradizione si diffonde anche lungo le coste atlantiche e in Pennsylvania. Non è casuale che i luoghi d’origine siano costieri: hook, infatti, è l’uncino utilizzato dai marinai a bordo delle navi per rifinire i cordami. Da questo al ricamo dei tappeti il passo è stato breve. I primi tentativi cominciano con l’intreccio di strisce di panno su stuoie di tela grezza per arrivare fino a lavori sempre pi_ raffinati e complessi, trasmessi di madre in figlia. La povertà dei materiali a disposizione delle ricamatrici non consente una grande possibilità di variazioni: per questo vengono impiegati gli avanzi della lavorazione dei quilts e dei patchwork, che insieme con i resti dei vecchi abiti dismessi sono tutto ciò su cui possono contare le artigiane. Bisogna aspettare il 1870 per assistere a una svolta importante nello stile degli hooked rugs. La svolta è provocata dall’introduzione della juta, che contribuisce alla diffusione di questi manufatti, al punto di farli conoscere in tutti gli Stati Uniti. Una popolarità in parte dovuta anche a un singolare personaggio, Edward Sand Frost, venditore di oggetti di stagno e lamiere, che, avendo avuto modo di osservare l’abilità femminile, compila un catalogo nel quale appaiono i modelli più originali, distribuito dai suoi agenti insieme con un manuale. Tale diffusione comporta, inevitabilmente, un raffinamento delle tecniche di lavorazione che si diversificano e che possono convivere nello stesso tappeto. Tra le più originali, introdotta all’inizio del secolo scorso, è la tecnica denominata “Waldoboro”, dalla città del Maine in cui si insediarono immigrati tedeschi che avevano portato con sé anche le conoscenze apprese in Europa. Questo tipo di lavorazione si distingue dalle altre perché conferisce al ricamo uno spessore maggiore facendolo risultare in rilievo. I materiali usati, come accennato, sono di diverso tipo e comunque mai preziosi: soprattutto avanzi di stoffa e filati colorati accostati in modo tale da creare autentici quadri. L’altra caratteristica che rende unici gli hooked rugs Ë costituita, come detto in precedenza, dall’iconografia. Nel corso degli anni, infatti, si sono susseguiti soggetti in linea con le mode: dai motivi floreali a imitazione dei francesi Aubusson a quelli raffiguranti paesaggi e scene domestiche, fino alle scritte ospitali o beneaugurali come Welcome Home e Good Luck, per arrivare ai motivi Nouveau e Déco. I risultati artisticamente più validi si registrano però negli esemplari con decori geometrici, assai in voga nei primi decenni del secolo, creati dall’accostamento di rombi, losanghe e altre forme. E’ il caso del log cabin (quadrati digradanti), i blocchi alternati, le strisce variegate hit or miss e, ancora, cerchi, anelli, conchiglie, e stelle. I tessili americani, siano essi quilts (amati anche dagli europei), ricami o hooked rugs, stanno conoscendo un successo che li ha resi ricercati presso gli antiquari e nelle vendita ad incanto. Le maggiori case d’asta con sedi a New York, Sotheby’s e Christie’s, nelle sales di “americana” presentano tessuti e tappeti folk. Un bel tappeto ad uncino è stato venduto da Sotheby’s, nel giugno del 1995, per oltre cinque milioni di lire. Gli hooked rugs in tutta la loro colorata varietà sono stati protagonisti di una mostra nella galleria Textilia di Roma che, in collaborazione con la galleria Y.& B. Bolour di New York, ne ha presentati settantaquattro. L’evento ha riscosso un buon successo, grazie anche ai prezzi contenuti, compresi tra i due e gli otto milioni. Articolata in quattro sezioni tematiche – Welcome Home, Flora, Caleidoscopio e Mirabilia -, l’esposizione ha dato ampio spazio a tutti i principali filoni decorativi degli hooked rugs, espressione della fantasia di un popolo giovane e pieno di risorse.